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Il turismo del grano e della pasta (Frosinone, 19 febbraio 2024)

L’Ecomuseo dell’Agro Pontino è stato invitato a partecipare all’importante incontro che si terrà lunedì 19 febbraio 2024 presso il polo didattico di Frosinone dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Il titolo della manifestazione è il TURISMO DEL GRANO E DELLA PASTA.
La Regione Lazio diventa così la protagonista di nuove esperienze gustative basate sui grani locali da proporre ai gastronauti e a tutti coloro che vogliono scoprire i veri profumi della cucina italiana.
Un modo di valorizzare il lavoro di tanti piccoli agricoltori che custodiscono la biodiversità del Lazio trasformandola in una esperienza gustativa riservata a pochi curiosi.

La giornata-incontro si compone di tre eventi:

Il convegno al quale partecipano l’Assessore Regionale all’Agricoltura Giancarlo Righini, il Rettore dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, Marco dell’Isola e il Commissario Straordinario di Arsial Massimiliano Raffa.

Lo spazio interviste, dedicato ai protagonisti della rete di associazioni e operatori dell’agricoltura e del turismo della Ciociaria.

Ed infine, il pranzo gourmet nella mensa universitaria preparato dalle Lady Chef Mirella Crescenzi e Orietta Di Lieto che valorizzeranno, con la loro maestria, i prodotti DOP della Ciociaria.

Processi partecipativi, ossessione turistica, immaginario esogeno (alcune considerazioni a margine dell’incontro del 9 luglio 2022 a Roccagorga)

Roberta Tucci – Ci tengo a ribadire la necessità che si avvii una procedura partecipativa con un gruppo di persone locali interessate a ripristinare un rapporto con quell’emergenza del territorio (il villaggio di capanne in località Valle La Caccia a Roccagorga), disposte a spendersi e al tempo stesso a godere dei risultati che si otterranno. Se poi il sito diventerà un punto di attrazione anche per chi viene da fuori, nulla osta, ma questo potrà/potrebbe essere un risultato molto più alla lunga e comunque non un obiettivo dell’Ecomuseo. Ho visto, sempre seguendo l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, come i processi partecipativi ecomuseali hanno un loro valore socio-culturale già in quanto processi, oltre ai risultati che poi si ottengono. Proprio con i cantieri del paesaggio questo appare chiaro, ma anche con le mappe di comunità. Una volta avviato e sviluppato il processo sul villaggio di capanne di Roccagorga, potreste valutare se stimolare analoghi processi in altri poli montani che ricadono nell’area dell’Ecomuseo, ma certo ora è prematuro.

Antonio Saccoccio – L’approccio che hai indicato lo condivido perfettamente, prima bisogna creare un nuovo legame tra il sito e la comunità, solo eventualmente e in seguito coinvolgere anche altri che vengono da fuori. Purtroppo c’è un’ossessione continua che porta a trasformare qualsiasi cosa in attrazione turistica e questa ossessione impedisce di lavorare dando un senso profondo e un reale valore a ciò che si fa.

Roberta Tucci – Il problema che evidenzi e che condivido integralmente (“Purtroppo c’è un’ossessione continua che porta a trasformare qualsiasi cosa in attrazione turistica e questa ossessione impedisce di lavorare dando un senso profondo e un reale valore a ciò che si fa”) deriva da scelte politiche nazionali a mio avviso scellerate, che si sono dimostrate insostenibili per l’ambiente e incompatibili con i contesti umani sui territori, privati del senso di appartenenza e dell’intimità profonda con i luoghi abitati che prima avevano e che li hanno resi culturalmente autonomi in passato. Le voci che hanno sottolineato e che oggi ancor di più sottolineano la necessità di un cambiamento di prospettiva circa lo “sviluppo” restano inascoltate. Chissà poi quale benessere potrebbe portare il turismo a paesi come Roccagorga? Una follia. Raddrizzare questa visione, per recuperarne una più coerente con i luoghi in cui i tanti paesi collinari e montani sono situati, dando un senso al proprio vivere lì, e non altrove, può essere un obiettivo ecomuseale raggiungibile (almeno in parte!) avviando azioni concrete che portino le persone a prendersi cura fattivamente del proprio patrimonio culturale e naturale, per migliorare le loro vite, per acquisire relazioni e coerenze con gli spazi in cui vivono. Non è facile, sicuramente… ma ci si può provare.

Antonio Saccoccio – Purtroppo anche molti tra i migliori interpreti del territorio hanno sempre questo obiettivo del turismo in testa, ormai sembra che non si possa fare più nulla di significativo se non si monetizza turisticamente. I risultati di un simile approccio sono quasi sempre deludenti, ci si affatica tanto ma il turismo non arriva, anche perché cercare di creare turismo quando neppure i cittadini sono partecipi e consapevoli del proprio patrimonio ambientale e culturale è un po’ come voler costruire un grattacielo sulle sabbie mobili.

Roberta Tucci – Va anche tenuto conto di come negli ultimi vent’anni il processo sociale di conformismo e di omologazione sia divenuto molto più stringente rispetto allo scorso secolo, per cui oggi il punto di vista di un cittadino di Norma può non derivare da uno stile locale effettivamente da lui vissuto e incorporato, bensì da una costruzione retorica a lui veicolata attraverso i media (i nostri borghi…) e che lui ha fatto propria, magari senza neanche rendersene conto. Ne consegue che per poter costruire un processo partecipativo in una “comunità” occorre anzitutto decostruire l’immaginario esogeno che ha colonizzato le teste delle persone, cercando di trovare un equilibrio intellettualmente onesto fra la proposta del coordinatore e la risposta delle persone. Il coordinatore non deve imporre, ma neppure lasciare la briglia sciolta. Soprattutto è lui che deve avere ben chiaro il progetto. Poi via via le situazioni si decantano da sole e non sarà difficile individuare gli attori sociali che si muovono con una loro autonomia culturale e che possono diventare valide colonne dell’ecomuseo.

Il convegno sugli ecomusei di Terlizzi: un breve resoconto

Un breve resoconto sul convegno sugli ecomusei svoltosi l’11 aprile 2014 presso la Biblioteca Comunale di Terlizzi (BA), su iniziativa del GAL Fior d’Olivi.

La discussione, di buon livello, ha confermato la grande propensione della regione Puglia verso uno sviluppo locale e rurale. Sin dall’intervento introduttivo (inizialmente non previsto) di Nichi Vendola, si è espressa fiducia in una nuova ruralità legata all’azione locale (in particolar modo quella esercitata dai GAL) in chiave di sviluppo sostenibile, turistico e non. Sempre in evoluzione il dibattito sugli ecomusei, con un paio di interrogativi emersi: una legge regionale è davvero necessaria per un processo che dovrebbe essere in gran parte spontaneo come quello ecomuseale? Il turismo deve essere al centro dell’azione ecomuseale o solo uno dei tanti fattori dello sviluppo comunitario? Ricordando che la Puglia è l’unica tra le regioni centro-meridionali ad avere una legge regionale sugli ecomusei (2011), gli interventi hanno spaziato dall’aspetto normativo-amministrativo a quello ideale, pedagogico e socio-economico.

Alcune fotografie del convegno.

ImmagineNichi Vendola (presidente Regione Puglia) con Francesco Rossi, Fausto Faggioli e Donato Pentassuglia (Presidente V Commissione Regione Puglia)

Immagine Fausto Faggioli, Massimiliano Colonna, Angelo Valerio, Antonio Saccoccio, Francesco Baratti, Massimiliano Colonna

ImmagineIl senatore Dario Stefano con Fausto Faggioli, Francesco Rossi, Donato Pentassuglia

ImmagineAntonio Saccoccio con Fausto Faggioli

ImmagineFausto Faggioli con Nicola Mercurio e Francesco Rossi

ImmagineFrancesco Baratti e Angelo Valerio

 

 

Gli ecomusei e lo sviluppo economico (Maurizio Maggi)

A seconda che si assuma un orizzonte temporale di breve e lungo periodo, esistono due modi di intendere l’Ecomuseo come strumento di aiuto allo sviluppo economico.

L’ecomuseo come attrazione turistica

=> Un elemento patrimoniale in più che si aggiunge al valore del capitale esistente, non si  elaborano progetti nuovi ma si arricchiscono quelli esistenti (caso minimo)

=> Un elemento che moltiplica il valore del patrimonio esistente, si prendono in considerazione opportunità nuove e prima non praticabili (caso massimo).

In entrambi i casi l’obiettivo è avere un’offerta turistica più ricca in modo da aumentare la domanda. I risultati sono prevalentemente economici (reddito) e sono attesi nel breve periodo. Qui il ruolo del territorio in linea di massima non cambia e rimane, come nel modello fordista, un supporto delle attività produttive.

L’ecomuseo come rafforzamento dell’identità locale.

=> L’obiettivo è rendere più coesa, consapevole, vitale la comunità locale, aumentando la capacità competitiva del territorio. I risultati sono sociali oltre che economici (identità) e sono tangibili soprattutto nel lungo periodo, mentre a breve termine non differiscono rispetto al caso A. Qui in linea di massima ci si prepara a cercare nuovi ruoli per il territorio come potenziale produttore di ricchezza, superando in tal modo il tradizionale concetto fordista.

La colonizzazione turistica.

Il turismo presenta opportunità economiche, che sono self evident, ma anche rischi, legati soprattutto all’appiattimento dell’identità culturale. Ovviamente questi rischi sono rilevanti per il turismo di tipo tradizionale, mentre sono minori per quello di tipo non tradizionale. La difesa dell’identità territoriale (o anche la sua ricostruzione) non sono incompatibili con lo sviluppo turistico. Si tratta in realtà di due orizzonti temporali diversi. Le potenzialità turistiche possono essere sfruttate in un’ottica di breve periodo, magari a detrimento dell’identità, dell’ambiente o di altri elementi importanti del patrimonio territoriale. In un’ottica invece di periodo medio-lungo è proprio il rafforzamento dell’identità a rappresentare la premessa per la crescita della competitività territoriale. La sfida qui è quello di agganciarsi in modo non subalterno al fenomeno della crescita turistica assicurando un turismo gestito in luogo di un turismo subito.

Citazione

L’ecomuseo: cosa è e cosa non è (Hugues de Varine)

Ci sono diverse definizioni di ecomuseo […]. Ma tutte le definizioni sono imperfette e talmente complicate che rimane difficile comprenderle. Per me (l’ecomuseo) è una azione portata avanti da una comunità, a partire dal suo patrimonio, per il suo sviluppo. L’ecomuseo è quindi un progetto sociale, poi ha un contenuto culturale e infine s’appoggia su delle culture popolari e sulle conoscenze scientifiche. Quello che non è: una collezione, una trappola per turisti, una struttura aristocratica, un museo delle belle arti etc. Un ecomuseo che sviluppa una collezione importante e ne fa il suo obbiettivo non è più un ecomuseo, poiché diventa schiavo della sua collezione. (Hugues de Varine)

Tratto da un’intervista di Stefano Buroni a Hugues de Varine.