Archivi del mese: febbraio 2014

Adriana Vitali Veronese racconta i suoi primi 80 anni all’Ecomuseo dell’Agro Pontino

Io sono una giovane ottantenne. Incominciamo così, perché il prossimo anno compirò 80 anni. Sono nata qui, in questa città. Non risulto nata a Littoria, per il semplice motivo che non c’era l’ospedale e mia madre è dovuta andare a Velletri, perché gravitava tutto su Velletri. Però, nata lì, arrivata qui. Con Velletri nulla a che spartire, perché sono di origine tosco-veneta. Mio padre è venuto diciottenne a Littoria, da Pisa, da Villa Saletta, casa molto bella, Spirito d’avventura. Prende la bicicletta e naturalmente con la disapprovazione dei genitori viene in bicicletta qui, appena bonificato il territorio. Mia madre, veneta, di Treviso, arrivata con il gruppo familiare da Treviso, il primo gruppo di trevisani, perché a mio nonno, ex combattente della grande guerra, nell’opera nazionale combattenti, avevano assegnato un podere. Mio nonno aveva combattuto su vari fronti, conobbe il re, felicissimo “io ho conosciuto il re, mi ha stretto la mano”. Mio nonno radunò la famiglia, piuttosto numerosa, due maschi già sposati, due scapoli, le nuore, mia madre e la sorella. Una famigliola. E vennero giù. Scesero a Cisterna di Roma, perché non c’era ancora la stazione di Littoria. E, come raccontano nelle fantasie (che non sono proprio fantasie), ognuno scese con quel po’ di bagaglio che poteva portare. Mia madre, bella veneta, bella treccia dietro la nuca, capelli lunghi, portava sotto il braccio l’antica sveglia dei bisnonni, che ho ancora a casa funzionante. Ammirazione di tutti gli autoctoni, ancora magari con le pelli ovine sulle cosce e le ciocie ai piedi, le donne con i gonnoni lunghi e il fazzolettone in testa… Mia madre suscitò subito scandalo, scese in tailleur attillato, gonna a ginocchio, mostrava le gambe, fazzolettino di pizzo nel taschino, scarpine con il cinturino, le calze trasparenti, la borsetta in tinta con le scarpe. Suscitò meraviglia e scandalo: “Chi è questa? Come osa?”. I giovanotti incuriositi. Mio padre si innamorò di mia madre. Per farla breve, si conobbero e si sposarono. E sono nata io, nel 1935. E tutta la mia vita io l’ho trascorsa qui, in questo territorio. Ho visto crescere la città, ho visto costruire i palazzi. Mi affacciavo al terrazzo, al quartiere Nicolosi, perché non era che c’era molto in quella zona…

(Adriana Vitali Veronese, Latina, 24 Febbraio 2014)

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Pescare con la bilancina nei canali pontini

Immagine Ci fermiamo a parlare un quarto d’ora con questo signore di 75-80 anni, mentre sta pescando, in uno dei canali presso Torre Astura, con il bilancino (o quadratello). Il bilancino viene infatti utilizzato per la pesca itinerante sulle sponde dei fiumi o dei canali. La pesca a bilancia molto probabilmente è un’evoluzione della pesca con il più piccolo bilancino, che presenta il lato di misura solitamente inferiore al metro e mezzo e con maglie piuttosto larghe.

Questo signore afferma di essere “fissato” per la pesca. Esce di casa ogni giorno e anche di notte per andare a pescare sui bordi dei canali con la bilancina. “Ma di notte c’è brutta gente in giro ed esco sempre meno”. Esco spesso perché “se resto a casa mi viene sempre appetito e non smetto mai di mangiare”. Ci racconta che è da una mezzora che non tira su nulla. Pesca abitualmente spigole (del peso di mezzo chilo e un chilo, ma a volte fino anche ai 4-5 chili), gobbi (persici sole), cefali. Una volta persino un rombo. Passa le ore così, calando e tirando su il bilancino, con estrema pazienza. Normalmente ributta nel canale i pesci piccoli, come ci mostra quando tira su la rete con due pesci di qualche centinaio di grammi. Uno dei due pesci è rimasto impigliato nella rete, si dibatte ma non riesce a riprendere la via dell’acqua. Allora il nostro pescatore tira su il bilancino, prende il pesce tra le mani, lo disimpiglia dalla rete, lo libera nel canale. Operazione che ripete decine di volte al giorno.

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