Il Convento di San Francesco e la comunità di Cori (9 settembre 2022 – Cori)

Venerdì 9 settembre 2022, dalle ore 18, presso il Convento di San Francesco di Cori si svolgerà una passeggiata di scoperta e una conversazione comunitaria nell’ambito del progetto “Paesaggi invisibili”, ideato e curato dall’Ecomuseo dell’Agro Pontino. Sarà una nuova occasione per riflettere sul patrimonio culturale, materiale e immateriale, dei Monti Lepini.

Interverranno Patrizia Carucci (referente locale dell’Ecomuseo e amministratrice del gruppo locale Còri mé bbéglio), Alberto D’Alatri (responsabile de Il Circo della Farfalla onlus di Cori), Eleonora Palleschi (archeologa). Introdurranno brevemente l’incontro Antonio Saccoccio (coordinatore tecnico-scientifico dell’Ecomuseo) e Angelo Valerio (responsabile legale dell’Ecomuseo).
Saranno oggetto di esposizione e conversazione: la chiesa rinascimentale con il soffitto a cassettoni dorati, la pala d’altare e il coro ligneo; il chiostro e il boschetto; i frati francescani, il salasso e la questua, Fra’ Silvestro e Padre Raffaele; i francescani laici e le attività educative per l’integrazione sociale dei minori a rischio.
Si ringraziano per l’organizzazione dell’incontro: Patrizia Carucci, il gruppo Còri mé bbéglio, Alberto D’Alatri, Il Circo della Farfalla onlus.

Sesta Giornata di Studi sulla Triplice Cinta a Sonnino

Alcuni momenti della Sesta Giornata di Studi sulla Triplice Cinta, tenutasi a Sonnino (14 agosto 2022).
Relazioni di Giuseppe Lattanzi, Vito Lattanzi, Marisa Uberti, Sabrina Centonze, Giovanni Barella.

Fotografie di Vittoria Lattuille, Angelo Valerio, Eros Ciotti, Antonio Saccoccio.

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Promontorio del Circeo e Palmarola (27-28 agosto 2022)

Sesta Giornata di Studi sulla Triplice Cinta (Sonnino, 14 agosto 2022)

Giuseppe Lattanzi (Direttore Scientifico Museo delle Terre di Confine, referente scientifico dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino)
La classificazione urbanistica del Centro Storico medievale di Sonnino
Abstract – Il ben conservato centro storico di Sonnino si presenta con una pianta particolarmente interessante per gli studi di urbanistica medievale. Il suo schema radiocentrico rappresenta la
grande novità urbanistica operata proprio nel Medio Evo. La sua origine è orientale? Oppure è frutto della nuova struttura sociale prodotta dal fenomeno dell’incastellamento? In ogni caso la
presenza di questi due elementi in rapida successione può aiutare a capire la grande particolarità sonninese.

Vito Lattanzi (Antropologo e Fondatore Museo delle Terre di Confine)
Il valore culturale del gioco e le Terre di Confine
Abstract – Il rapporto tra gioco e la complessità culturale riscontrata nel comprensorio delle Terre di Confine fanno della triplice cinta un grafito particolarmente interessante per la comprensione dei rapporti sociali nel procedere della storia.

Marisa Uberti (Centro Studi Triplice Cinta – CSTC)
Gli obiettivi del CSTC nell’ambito dell’analisi statistica quantitativa (censimento internazionale) e qualitativa fin qui condotta, con particolare riferimento alla regione Lazio.
Abstract – La relazione presenta gli obiettivi del CSTC nell’ambito dell’analisi statistica quantitativa (censimento internazionale) e qualitativa fin qui condotta, con particolare riferimento alla regione Lazio, che si qualifica al primo posto in Italia per numero di esemplari documentati (32% del totale nazionale), principalmente diffusi nelle province di Latina e Frosinone. Nei borghi medievali arroccati su rilievi collinari si assiste ad una elevata concentrazione di tavolieri da gioco, nella fattispecie Triplici Cinte (alias filetti o tavole-mulino), la cui datazione non è da liquidare superficialmente ma va contestualizzata per capire il valore sociale e aggregante del soggetto perlomeno fino alla metà del secolo scorso per poi, come altrove, entrare gradualmente nel dimenticatoio. A Sonnino la massiccia presenza di tali schemi sparsi un po’ ovunque nel centro storico deve incuriosire e stimolare la ricerca di risposte, verosimilmente situate negli usi e nei costumi della tradizione locale, aprendo al contempo un interessante confronto con paesi urbanisticamente simili situati nell’Italia Settentrionale. Oltre all’aspetto ricreativo, tuttavia, il censimento mondiale dimostra che una piccola ma significativa casistica non è ludica, poiché esistono esemplari incontrovertibilmente impossibili come schemi da gioco e che rispettano alcuni precisi parametri. In base alla ventennale analisi qualitativa condotta, è stato possibile individuare quattro grandi gruppi alternativi al gioco, discussi in questa sede. Non si tratta di una valenza simbolica univoca e i casi illustrati permetteranno facilmente di capire perché. La corretta metodologia di ricerca che coniuga ricerca sul campo, confronti multidisciplinari e aggiornamenti dalla letteratura internazionale, apre le porte a un mondo affascinante rimasto inesplorato per secoli.

Sabrina Centonze (redattrice rivista Mathera)
Tabulae lusoriae graffite: le acquisizioni lucane in ambito rupestre e subdivale
Abstract – L’intervento riguarda i graffiti acquisiti negli ultimi anni in Basilicata, con particolare riferimento ai siti rupestri e subdivali del territorio di Matera. La relazione finale verterà sui dati emersi analizzando una lastra lapidea riscoperta al Museo Archeologico Nazionale Domenico Ridola, che presenta un campionario di tabulae, simboli e parti figurate di grande interesse storico, che hanno permesso di collegarla a un blocco di calcarenite erratico, ancora parzialmente affrescato, proveniente da una chiesa rupestre della zona.

Giovanni Barrella (Centro Studi Triplice Cinta, Società Speleologica Italiana, Gruppo di Ricerche Archeologiche di Luino)
La presenza della Triplice Cinta nel territorio della Daunia
Abstract – La relazione prende in considerazione la presenza della Triplice Cinta nel territorio della Daunia, che corrisponde all’incirca all’attuale Capitanata e provincia di Foggia. I luoghi in cui tale simbolo è presente possiedono un forte legame con il sacro e a tal proposito si cerca di proporre una possibile interpretazione, contestualizzando lo stesso simbolo da un punto di vista sia spaziale che temporale. Inoltre, la Triplice Cinta in Daunia verrà messa in rapporto con altri simboli di cui il territorio è estremamente ricco; simboli lasciati da pellegrini diretti alla Sacra Spelonca del Gargano, eremiti, viandanti, monaci, cavalieri, sovrani. Il fascino di tale territorio si mescola con il fascino di simboli che attraversano i secoli e si caricano di valenze tra sacro e profano. Un vero e proprio viaggio iniziatico dell’uomo con i suoi sentieri e i suoi archetipi.

Il Patrimonio della Bioregione Pontina a Sabaudia, tra scuola, università, ecomuseo

Venerdì 22 luglio ore 18.00, presso il Centro di Interpretazione dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino Museo Civico del Mare e della Costa “Marcello Zei” di Sabaudia (LT), si è svolto il terzo incontro di presentazione del progetto “Riconoscere il Patrimonio della Bioregione Pontina”, finanziato dall’Università Sapienza di Roma nell’ambito del progetto CIVIS Open Lab e del progetto PCTO Sapienza. L’incontro è stato curato dall’Ecomuseo dell’Agro Pontino, partner del progetto, e dall’I.O. Giulio Cesare di Sabaudia.

Dopo i saluti della D.S. dell’I.O. Giulio Cesare Prof.ssa Miriana Zannella, della Direttrice del Museo Giulia Sirgiovanni, dell’assessore alla Pubblica istruzione di Sabaudia Pia Schintu e del delegato al Patrimonio e al Demanio Davide Gallucci, il prof. Alberto Budoni dell’Università Sapienza di Roma ha presentato il progetto CIVIS Open Lab “Riconoscere il Patrimonio della Bioregione Pontina” e illustrato la piattaforma Pontine B.He.R.P.
In seguito la prof.ssa Paola Carelli ha illustrato il lavoro svolto nell’ambito del PCTO dalle studentesse e dagli studenti delle classi 4AS, 5AI, 5A e 5B Lssa dell’Istituto omnicomprensivo ‘Giulio Cesare’, plesso ‘Rita Levi Montalcini’ di Sabaudia. La parola è passata quindi a Lorenzo Fonte e Lorenzo Pontecorvo per la 5 A Inf, Maria Romani per la 4 AS, Benedetta Colimodio, Riccardo Tovo e Arianna Verticchio per la 5 A Lssa, che hanno presentato le schede del loro lavoro sul patrimonio territoriale di Sabaudia e San Felice Circeo (in particolare: la Cisterna romana, la Grotta delle capre e il Riparo Blanc).

L’incontro è proseguito nello spazio esterno antistante al Museo, un momento di dialogo aperto con gli studenti e la cittadinanza presente. Sono intervenuti il coordinatore tecnico-scientifico Antonio Saccoccio, il rappresentante legale Angelo Valerio, e poi Michelangelo La Rosa e Augusta D’Andrassi (che hanno spiegato ai ragazzi l’influenza che la figura di Marcello Zei ha esercitato sulla loro formazione professionale) e Dante Ceccarini (che ha illustrato la ricerca sui dialetti locali che sarà presto condivisa sulle piattaforme digitali gestite dall’Ecomuseo e dall’Università Sapienza). Dopo gli interventi di alcuni cittadini (tra cui Daniela Carfagna e Pier Giulio Cantarano), un paio di studenti hanno avanzato suggerimenti e proposte. In particolare sono state proposte integrazioni alla piattaforma digitale utilizzata per la catalogazione del patrimonio della Bioregione e consistenti interventi per migliorare l’accessibilità e la sicurezza dei sentieri di accesso ad alcuni siti visitati nei mesi precedenti durante il PCTO.

La serata si è conclusa con rinfrescanti fette di cocomero e melone (offerte dalla Sabaudia Nostrana di Gianluca Mastracci), confidando di riprendere il percorso formativo a settembre.

Fotografie di Valentina Di Prospero e Antonio Saccoccio

“Riconoscere il Patrimonio della Bioregione Pontina” (Sabaudia, 22 luglio 2022)

Venerdì 22 luglio ore 18.00, presso il Centro di Interpretazione dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino Museo Civico del Mare e della Costa “Marcello Zei”, in Piazza Alberto Moravia, Sabaudia (LT), ci sarà la presentazione del progetto “Riconoscere il Patrimonio della Bioregione Pontina”, finanziato dall’Università Sapienza di Roma nell’ambito del progetto CIVIS Open Lab e del progetto PCTO Sapienza.

Qui di seguito il programma dell’incontro:

Saluti della D.S. dell’I.O. Giulio Cesare Prof.ssa Miriana Zannella e della Direttrice del Museo Giulia Sirgiovanni
Presentazione del Progetto CIVIS Open Lab “Riconoscere il Patrimonio della Bioregione Pontina” e illustrazione della piattaforma Pontine B.He.R.P. (a cura del Prof. Alberto Budoni per l’Università Sapienza di Roma e della Dott.ssa Claudia Carlucci per il Polo Museale Sapienza)
Presentazione del lavoro svolto dagli studenti durante il PCTO (a cura della Prof.ssa Paola Carelli)
Esposizione delle schede realizzate (a cura degli studenti)
L’Ecomuseo dell’Agro Pontino: sintesi del processo e degli obiettivi (a cura del coordinatore tecnico-scientifico Antonio Saccoccio, del rappresentante legale Angelo Valerio e dei referenti locali)
Marcello Zei e il Museo del Mare e della Costa di Sabaudia (a cura di Michelangelo La Rosa e Augusta D’Andrassi – Fondazione M. Zei)
Paesaggi invisibili e patrimonio immateriale: la catalogazione dei dialetti locali (a cura di Dante Ceccarini e Antonio Saccoccio)
Proposte di alcuni studenti per lo sviluppo locale autosostenibile di Sabaudia e dialogo con la cittadinanza

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Open Civis Lab “Riconoscere il Patrimonio della Bioregione Pontina” (tre eventi di disseminazione)

Abbazia di Valvisciolo da via Torno (Stefano Orlando) – foto del mese di giugno

Per il mese di giugno abbiamo selezionato la fotografia di Stefano Orlando che immortala l’Abbazia di Valvisciolo da via Torno, una stradina di campagna che regala ampie vedute verso i Lepini e che si trova tra Via Dormigliosa e la Borgata Carrara. Lo scatto è stato effettuato con una Canon 6D, focale di 300mm.

Stefano Orlando ha due passioni: la geografia e la fotografia paesaggistica. Gestisce la pagina Facebook “Il Viaggio Pontino di Stefano Orlando“. Ama usare lo zoom/teleobiettivo inquadrando spesso aspetti del territorio sotto una nuova prospettiva e zoomando verso terre confinanti con le nostre. Lo scopo della sua “mission” è di far conoscere fotograficamente e riunire in un’unica pagina un territorio così variegato sia antropologicamente che fisicamente dal nord al sud della provincia, dalle aree di Aprilia/Cisterna a quelle di Gaeta/Formia. 

Un paesaggio invisibile a Roccagorga: il villaggio di capanne in località Valle La Caccia (idee per la valorizzazione)

Sabato 9 luglio si è tenuto a Roccagorga, in una sala dell’EtnoMuseo Monti Lepini, un incontro per il progetto “Paesaggi invisibili”. L’EtnoMuseo è diventato Centro di interpretazione locale dell’Ecomuseo con una delibera di giunta nel dicembre del 2020.

Sono intervenuti: Antonio Saccoccio (coordinatore dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino), Angelo Valerio (rappresentante legale dell’Ecomuseo), Eros Ciotti (architetto, presidente di Metropoli’s, associazione che gestisce l’EtnoMuseo Monti Lepini, referente locale dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino), Roberta Tucci (etno-antropologa, docente della Scuola di Specializzazione in beni demoetnoantropologici dell’Università Sapienza di Roma, membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese).

Angelo Valerio ha ricordato l’importanza per l’Ecomuseo della ricerca etnoantropologica e del rapporto con l’EtnoMuseo di Roccagorga.

Antonio Saccoccio ha sinteticamente introdotto l’idea che sta alla base del progetto “Paesaggi invisibili” (richiamando le teorizzazioni di Lucio Gambi e Maurizio Maggi) e ha messo l’accento sulla cosiddetta “invisibilità del pastore”, tema ricorrente negli studi sui villaggi di capanne.

Eros Ciotti ha quindi illustrato con una ricca serie di immagini e fotografie il villaggio di capanne sito in località Valle La Caccia. Del villaggio è stato effettuato anni fa, su progetto del prof. Vincenzo Padiglione, direttore scientifico dell’EtnoMuseo Monti Lepini, un rilievo e uno studio completo da un gruppo di ricerca composto da architetti, archeologi e antropologi, coordinati rispettivamente dall’arch. Eros Ciotti, dall’archeologa Prof.ssa Margherita Cancellieri e dallo stesso prof. Padiglione. Il villaggio, costruito da carpinetani, è suddiviso in tre zone vicine ma distinte in cui vivevano tre gruppi familiari; fu abbandonato quando negli anni Cinquanta iniziò il rimboschimento. Ora è quasi completamente nascosto dalla vegetazione. Occorre comprendere in che modo riscoprirlo e valorizzarlo.

Roberta Tucci ha ricordato l’importanza di cercare i giusti attori sociali, quelli che appartengono ai contesti agropastorali, per poter poi colloquiare con loro. Dopo aver lavorato sulle fonti e sulla documentazione, sarà necessario rendere fruibili questi luoghi, renderli evidenti, visibili, con sentieri segnalati. In seguito non bisognerà considerarlo solo un luogo di escursioni, ma anche un sito in cui la comunità entra dentro in modo esperienziale, con attività di cooperazione e manutenzione sulla pietra a secco. Lungo i percorsi si potranno costruire altri muretti a secco, ma anche manufatti nuovi, che possono essere accanto o sulla via per raggiungere il villaggio. Ogni anno si potrebbero costruire dei pezzi di muretti a secco. In questo modo si potrebbe recuperare un legame anche affettivo con il nostro passato, senza alcuna nostalgia. Un’altra possibilità è organizzare letture tematiche o piccoli concerti, come fa l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese. In ultimo, ma non per importanza, si potrebbe realizzare una mappa di comunità per rendere visibile ciò che ora è invisibile, anche per estendere questo discorso ad altre località e comunità con emergenze analoghe.

L’incontro si è concluso con alcuni preziosi interventi dei partecipanti e un delizioso rinfresco preparato e offerto dall’EtnoMuseo.

Per l’accoglienza e la splendida ospitalità ringraziamo Mara Ricci, Noemi Politi, Angelica Saputo, Paola Cipolla, Vincenzo Piccaro, Domenico Orsini.

La prevista passeggiata di scoperta al villaggio di capanne in località Valle La Caccia è stata rimandata al prossimo autunno. In sostituzione Eros Ciotti ha portato i partecipanti in piazza VI Gennaio e li ha intrattenuti con il racconto straordinario di una comunità che, ispirata dall’illusionismo barocco, preferì costruire un’altra città piuttosto che continuare a sviluppare gli spazi angusti del Medioevo. Chi ha voluto e potuto, è rimasto a cena godendosi la fresca serata a Roccagorga.

In Italia è soprattutto il cedimento del “paesaggio invisibile” che ha messo in crisi la bellezza, la solidità, la vivibilità di molti territori: relazioni sociali, uso consuetudinario dei luoghi e delle risorse comuni soprattutto territoriali, norme e prassi di convivenza e reciprocità, modalità di comunicazione inter-generazionali e di trasmissione dei saperi sono lentamente “franati”, prima del paesaggio visibile, silenziosamente ma non meno disastrosamente. [Maurizio Maggi, 2006]

Il villaggio di capanne, distinto in tre zone (immagini tratte dalle relazione di Eros Ciotti)
Fotografia di gruppo con il responsabile legale dell’Ecomuseo Angelo Valerio, il coordinatore dell’Ecomuseo Antonio Saccoccio e alcuni referenti locali dell’Ecomuseo: Luciano De Prosperis (Amaseno), Ernesto Migliori (Vallecorsa), Eros Ciotti (Roccagorga), Pino Lattanzi (Sonnino).
Eros Ciotti ed Ernesto Migliori
Ernesto Migliori e Carlo Pietrocini

“Un villaggio di capanne in località Valle La Caccia” (Roccagorga, 9 luglio 2022)

Sabato 9 luglio 2022, dalle ore 18, l’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga ospiterà l’incontro “Un villaggio di capanne e la comunità di Roccagorga”, tappa del progetto “Paesaggi invisibili” ideato e curato dall’Ecomuseo dell’Agro Pontino. Sarà l’occasione per riflettere sulla cultura materiale e immateriale delle comunità agro-pastorali che fino a qualche decennio fa vivevano sulle nostre colline.

Interverranno l’architetto Eros Ciotti (responsabile dell’EtnoMuseo e referente locale dell’Ecomuseo), Roberta Tucci (etnoantropologa), Antonio Saccoccio (coordinatore tecnico-scientifico dell’Ecomuseo), Oliviero Cavone (costruttore di capanne).
Dalle 19 si raggiungerà, con un percorso prima in automobile e poi a piedi, la località Valle La Caccia, dove si visiterà ciò che resta del villaggio di capanne. Si raccomanda, per questo, un abbigliamento adeguato.