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Giornate Europee del Patrimonio: mostra “Voci dalle acque” all’EtnoMuseo di Roccagorga

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, l’Ecomuseo dell’Agro Pontino e l’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga presentano la mostra “Voci dalle acque”, curata da Chiara Barbato, storica dell’arte e referente scientifica dell’Ecomuseo.

La mostra sarà visitabile il 23 e il 24 settembre 2023 presso l’ala nuova dell’EtnoMuseo, dalle ore 10 alle 18.

Notte dei musei a Roccagorga (tavola rotonda)

In occasione della notte dei musei l’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga ospiterà il 15 luglio la tavola rotonda I costruttori di località. Trasformazione del paesaggio: da naturale ad antropico, da territorio a “luogo”.

Introducono e coordinano Eros Ciotti, Presidente Associazione Metropoli’s e responsabile dell’EtnoMuseo, e Antonio Saccoccio, coordinatore tecnico-scientifico dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino.

Intervengono: Alberto Budoni (docente presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale presso l’Università Sapienza di Roma), Fabiano Riccardi (archeologo), Francesco Tetro (architetto e storico dell’arte). A seguire dialogo con i presenti sui temi affrontati dai relatori.

L’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga è anche centro di interpretazione locale dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino.

Il Lazio virgiliano a Roccagorga (20 febbraio 2023)

Lunedì 20 febbraio alle 17.30 presso l’EtnoMuseo di Roccagorga si discuterà del paesaggio del Lazio virgiliano. L’idea, portata avanti da tempo dall’Ecomuseo del Lazio Virgiliano, prevede la conoscenza complessiva del paesaggio che il poeta Virgilio, duemila anni fa, descrisse con lo Sguardo della Dea dal Circeo alla foce del Tevere. In questo paesaggio ogni luogo è parte di un tutto e il valore dell’insieme è molto di più della somma delle parti, se chi abita in questi luoghi ha la coscienza di vivere nel territorio del Lazio Latino, con uno straordinario patrimonio naturale, mitico, storico e culturale.

Dopo la presentazione a cura di Giosuè Auletta, coordinatore tecnico-scientifico dell’Ecomuseo del Lazio Virgiliano, interverranno: Antonio Saccoccio (coordinatore tecnico-scientifico dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino); Eros Ciotti (responsabile dell’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga e presidente dell’Ass. Metropoli’s); Paola Cacciotti (Centro Studi A.R.T.E.), Antonio Scarsella (Rete Ulisse.Net), Giuseppe Ciavolella (Ass. Cammino). Coordinerà i lavori: Vincenzo Piccaro.

Processi partecipativi, ossessione turistica, immaginario esogeno (alcune considerazioni a margine dell’incontro del 9 luglio 2022 a Roccagorga)

Roberta Tucci – Ci tengo a ribadire la necessità che si avvii una procedura partecipativa con un gruppo di persone locali interessate a ripristinare un rapporto con quell’emergenza del territorio (il villaggio di capanne in località Valle La Caccia a Roccagorga), disposte a spendersi e al tempo stesso a godere dei risultati che si otterranno. Se poi il sito diventerà un punto di attrazione anche per chi viene da fuori, nulla osta, ma questo potrà/potrebbe essere un risultato molto più alla lunga e comunque non un obiettivo dell’Ecomuseo. Ho visto, sempre seguendo l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, come i processi partecipativi ecomuseali hanno un loro valore socio-culturale già in quanto processi, oltre ai risultati che poi si ottengono. Proprio con i cantieri del paesaggio questo appare chiaro, ma anche con le mappe di comunità. Una volta avviato e sviluppato il processo sul villaggio di capanne di Roccagorga, potreste valutare se stimolare analoghi processi in altri poli montani che ricadono nell’area dell’Ecomuseo, ma certo ora è prematuro.

Antonio Saccoccio – L’approccio che hai indicato lo condivido perfettamente, prima bisogna creare un nuovo legame tra il sito e la comunità, solo eventualmente e in seguito coinvolgere anche altri che vengono da fuori. Purtroppo c’è un’ossessione continua che porta a trasformare qualsiasi cosa in attrazione turistica e questa ossessione impedisce di lavorare dando un senso profondo e un reale valore a ciò che si fa.

Roberta Tucci – Il problema che evidenzi e che condivido integralmente (“Purtroppo c’è un’ossessione continua che porta a trasformare qualsiasi cosa in attrazione turistica e questa ossessione impedisce di lavorare dando un senso profondo e un reale valore a ciò che si fa”) deriva da scelte politiche nazionali a mio avviso scellerate, che si sono dimostrate insostenibili per l’ambiente e incompatibili con i contesti umani sui territori, privati del senso di appartenenza e dell’intimità profonda con i luoghi abitati che prima avevano e che li hanno resi culturalmente autonomi in passato. Le voci che hanno sottolineato e che oggi ancor di più sottolineano la necessità di un cambiamento di prospettiva circa lo “sviluppo” restano inascoltate. Chissà poi quale benessere potrebbe portare il turismo a paesi come Roccagorga? Una follia. Raddrizzare questa visione, per recuperarne una più coerente con i luoghi in cui i tanti paesi collinari e montani sono situati, dando un senso al proprio vivere lì, e non altrove, può essere un obiettivo ecomuseale raggiungibile (almeno in parte!) avviando azioni concrete che portino le persone a prendersi cura fattivamente del proprio patrimonio culturale e naturale, per migliorare le loro vite, per acquisire relazioni e coerenze con gli spazi in cui vivono. Non è facile, sicuramente… ma ci si può provare.

Antonio Saccoccio – Purtroppo anche molti tra i migliori interpreti del territorio hanno sempre questo obiettivo del turismo in testa, ormai sembra che non si possa fare più nulla di significativo se non si monetizza turisticamente. I risultati di un simile approccio sono quasi sempre deludenti, ci si affatica tanto ma il turismo non arriva, anche perché cercare di creare turismo quando neppure i cittadini sono partecipi e consapevoli del proprio patrimonio ambientale e culturale è un po’ come voler costruire un grattacielo sulle sabbie mobili.

Roberta Tucci – Va anche tenuto conto di come negli ultimi vent’anni il processo sociale di conformismo e di omologazione sia divenuto molto più stringente rispetto allo scorso secolo, per cui oggi il punto di vista di un cittadino di Norma può non derivare da uno stile locale effettivamente da lui vissuto e incorporato, bensì da una costruzione retorica a lui veicolata attraverso i media (i nostri borghi…) e che lui ha fatto propria, magari senza neanche rendersene conto. Ne consegue che per poter costruire un processo partecipativo in una “comunità” occorre anzitutto decostruire l’immaginario esogeno che ha colonizzato le teste delle persone, cercando di trovare un equilibrio intellettualmente onesto fra la proposta del coordinatore e la risposta delle persone. Il coordinatore non deve imporre, ma neppure lasciare la briglia sciolta. Soprattutto è lui che deve avere ben chiaro il progetto. Poi via via le situazioni si decantano da sole e non sarà difficile individuare gli attori sociali che si muovono con una loro autonomia culturale e che possono diventare valide colonne dell’ecomuseo.

Un paesaggio invisibile a Roccagorga: il villaggio di capanne in località Valle La Caccia (idee per la valorizzazione)

Sabato 9 luglio si è tenuto a Roccagorga, in una sala dell’EtnoMuseo Monti Lepini, un incontro per il progetto “Paesaggi invisibili”. L’EtnoMuseo è diventato Centro di interpretazione locale dell’Ecomuseo con una delibera di giunta nel dicembre del 2020.

Sono intervenuti: Antonio Saccoccio (coordinatore dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino), Angelo Valerio (rappresentante legale dell’Ecomuseo), Eros Ciotti (architetto, presidente di Metropoli’s, associazione che gestisce l’EtnoMuseo Monti Lepini, referente locale dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino), Roberta Tucci (etno-antropologa, docente della Scuola di Specializzazione in beni demoetnoantropologici dell’Università Sapienza di Roma, membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese).

Angelo Valerio ha ricordato l’importanza per l’Ecomuseo della ricerca etnoantropologica e del rapporto con l’EtnoMuseo di Roccagorga.

Antonio Saccoccio ha sinteticamente introdotto l’idea che sta alla base del progetto “Paesaggi invisibili” (richiamando le teorizzazioni di Lucio Gambi e Maurizio Maggi) e ha messo l’accento sulla cosiddetta “invisibilità del pastore”, tema ricorrente negli studi sui villaggi di capanne.

Eros Ciotti ha quindi illustrato con una ricca serie di immagini e fotografie il villaggio di capanne sito in località Valle La Caccia. Del villaggio è stato effettuato anni fa, su progetto del prof. Vincenzo Padiglione, direttore scientifico dell’EtnoMuseo Monti Lepini, un rilievo e uno studio completo da un gruppo di ricerca composto da architetti, archeologi e antropologi, coordinati rispettivamente dall’arch. Eros Ciotti, dall’archeologa Prof.ssa Margherita Cancellieri e dallo stesso prof. Padiglione. Il villaggio, costruito da carpinetani, è suddiviso in tre zone vicine ma distinte in cui vivevano tre gruppi familiari; fu abbandonato quando negli anni Cinquanta iniziò il rimboschimento. Ora è quasi completamente nascosto dalla vegetazione. Occorre comprendere in che modo riscoprirlo e valorizzarlo.

Roberta Tucci ha ricordato l’importanza di cercare i giusti attori sociali, quelli che appartengono ai contesti agropastorali, per poter poi colloquiare con loro. Dopo aver lavorato sulle fonti e sulla documentazione, sarà necessario rendere fruibili questi luoghi, renderli evidenti, visibili, con sentieri segnalati. In seguito non bisognerà considerarlo solo un luogo di escursioni, ma anche un sito in cui la comunità entra dentro in modo esperienziale, con attività di cooperazione e manutenzione sulla pietra a secco. Lungo i percorsi si potranno costruire altri muretti a secco, ma anche manufatti nuovi, che possono essere accanto o sulla via per raggiungere il villaggio. Ogni anno si potrebbero costruire dei pezzi di muretti a secco. In questo modo si potrebbe recuperare un legame anche affettivo con il nostro passato, senza alcuna nostalgia. Un’altra possibilità è organizzare letture tematiche o piccoli concerti, come fa l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese. In ultimo, ma non per importanza, si potrebbe realizzare una mappa di comunità per rendere visibile ciò che ora è invisibile, anche per estendere questo discorso ad altre località e comunità con emergenze analoghe.

L’incontro si è concluso con alcuni preziosi interventi dei partecipanti e un delizioso rinfresco preparato e offerto dall’EtnoMuseo.

Per l’accoglienza e la splendida ospitalità ringraziamo Mara Ricci, Noemi Politi, Angelica Saputo, Paola Cipolla, Vincenzo Piccaro, Domenico Orsini.

La prevista passeggiata di scoperta al villaggio di capanne in località Valle La Caccia è stata rimandata al prossimo autunno. In sostituzione Eros Ciotti ha portato i partecipanti in piazza VI Gennaio e li ha intrattenuti con il racconto straordinario di una comunità che, ispirata dall’illusionismo barocco, preferì costruire un’altra città piuttosto che continuare a sviluppare gli spazi angusti del Medioevo. Chi ha voluto e potuto, è rimasto a cena godendosi la fresca serata a Roccagorga.

In Italia è soprattutto il cedimento del “paesaggio invisibile” che ha messo in crisi la bellezza, la solidità, la vivibilità di molti territori: relazioni sociali, uso consuetudinario dei luoghi e delle risorse comuni soprattutto territoriali, norme e prassi di convivenza e reciprocità, modalità di comunicazione inter-generazionali e di trasmissione dei saperi sono lentamente “franati”, prima del paesaggio visibile, silenziosamente ma non meno disastrosamente. [Maurizio Maggi, 2006]

Il villaggio di capanne, distinto in tre zone (immagini tratte dalle relazione di Eros Ciotti)
Fotografia di gruppo con il responsabile legale dell’Ecomuseo Angelo Valerio, il coordinatore dell’Ecomuseo Antonio Saccoccio e alcuni referenti locali dell’Ecomuseo: Luciano De Prosperis (Amaseno), Ernesto Migliori (Vallecorsa), Eros Ciotti (Roccagorga), Pino Lattanzi (Sonnino).
Eros Ciotti ed Ernesto Migliori
Ernesto Migliori e Carlo Pietrocini

“Un villaggio di capanne in località Valle La Caccia” (Roccagorga, 9 luglio 2022)

Sabato 9 luglio 2022, dalle ore 18, l’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga ospiterà l’incontro “Un villaggio di capanne e la comunità di Roccagorga”, tappa del progetto “Paesaggi invisibili” ideato e curato dall’Ecomuseo dell’Agro Pontino. Sarà l’occasione per riflettere sulla cultura materiale e immateriale delle comunità agro-pastorali che fino a qualche decennio fa vivevano sulle nostre colline.

Interverranno l’architetto Eros Ciotti (responsabile dell’EtnoMuseo e referente locale dell’Ecomuseo), Roberta Tucci (etnoantropologa), Antonio Saccoccio (coordinatore tecnico-scientifico dell’Ecomuseo), Oliviero Cavone (costruttore di capanne).
Dalle 19 si raggiungerà, con un percorso prima in automobile e poi a piedi, la località Valle La Caccia, dove si visiterà ciò che resta del villaggio di capanne. Si raccomanda, per questo, un abbigliamento adeguato.

L’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga (video)

Dal mese di dicembre 2020 l’Ecomuseo dell’Agro Pontino ha un nuovo centro di interpretazione locale: l’EtnoMuseo Monti Lepini di Roccagorga.

I primi passi e le prime ricerche per la creazione di un Museo etnografico a Roccagorga furono mossi, ormai trent’anni fa, dal sociologo Vittorio Cotesta, allora ricercatore presso l’Università “La Sapienza” di Roma, con la collaborazione dell’antropologo Tullio Tentori.

Il museo demo-etno-antropologico di Roccagorga fu ideato da Vincenzo Padiglione, antropologo museale e docente presso l’Università “Sapienza” di Roma. Il suo progetto mirò a superare l’idea del museo tradizionalmente inteso come raccolta di oggetti, con la valorizzazione dei diversi aspetti immateriali della cultura.

Collaborarono alla ricerca Antonio Riccio, Donatella Occhiuzzi, Ercole Cerilli, e poi Alfredo Celaia, Rita Gigli, Emilio di Fazio, Concetta D’Agata, Delfino Iannarelli.

L’EtnoMuseo fu infine inaugurato con una festa pubblica l’11 dicembre del 1999.

Pubblichiamo un filmato girato nel mese di novembre 2020, in cui Concetta D’Agata illustra le varie sale dell’EtnoMuseo. Riprese e montaggio di Giorgio Serra, per l’Ecomuseo dell’Agro Pontino.

Festa della polenta a Tor Tre Ponti con Jo Menaturo da Bassiano

Il gruppo Jo Menaturo, invitato a Tor Tre Ponti in occasione della festa della polenta presso la Chiesa di San Paolo, si esibisce allegramente e senza ricevere compenso in denaro (a loro basta essere sfamati quando arriva l’ora di pranzo). Notevole la freschezza timbrica e canora dei componenti del gruppo di Bassiano, composto quasi totalmente da bassianesi (tranne un simpatico inserimento napoletano). Gli strumenti musicali, molti dei quali in legno, sono costruiti dagli stessi componenti del gruppo. L’esibizione è quasi sempre in circolo, con al centro un “mammoccetto” di 11 anni che suona il cuticù e canta rispondendo agli altri. Tra pochi anni spetterà probabilmente a lui tramandare il repertorio  del suo paese. Anche se ci urla nelle orecchie: “So’ rocchiciano!” (di Roccagorga).

Stracolmo il piazzale che ospita la festa. Alla fine saranno serviti 500 pasti. Una piccola parte della comunità bassianese e gran parte della comunità di Tor Tre Ponti (almeno per metà costituita da coloni veneti) per un giorno festeggiano insieme. E c’è pure un frate comunista che regala benedizioni a destra e a manca. Proprio nel piazzale della Chiesa…

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