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La liberazione di Littoria (conferenza a cura dell’Anpi)

Lo zuccherificio di Littoria

L’ex-zuccherificio di Latina (2020)

A partire dal 1935, il fascismo decise di creare in Agro Pontino un’area dedicata alla barbabietola e alla sua trasformazione in zucchero. Questa attività doveva andare di pari passo con la più nota “battaglia del grano”.

Per realizzare lo stabilimento dello zuccherificio venne scelta un’area di 25 ettari su quella che oggi è Via delle Industrie. Lavorarono ai cantieri diverse centinaia di operai. Lungo tutto il  corpo di fabbrica principale fu scritto: “Costruito in dieci mesi durante l’assedio economico”. Di fronte allo stabilimento e nei viali interni venne realizzato un elegante giardino. La fabbrica fu dotata di tecnologia all’avanguardia di fabbricazione tedesca. Agli operai venne insegnato come utilizzare i nuovi macchinari.

LITTORIA: Lo zuccherificio (cartolina – 10,5 cm x 15 cm)
16/09/1940 (data autografa e timbro di spedizione)
Ed. E. Verdesi – Roma – Proprietà Riserv. Fascio Littoria
Dall’Archivio Fotografico Digitale della Libera Università della Terra e dei Popoli.
Provenienza e proprietà: Archivio Libera Università della Terra e dei Popoli (Sermoneta).

«E non ci si limita allo stabilimento e al palazzo uffici: nel vicino villaggio dello Scalo la società fa costruire quattro palazzine a schiera (ora tutte demolite), lungo via della Stazione, per alloggiarvi le famiglie degli operai, altre due palazzine proprio al centro del borgo, pure destinate ad alloggi per gli operai e dotate anche di un negozio dispensa (entrambe le costruzioni sono state ora acquisite dal Comune e destinate a centro sociale); e il “Palazzo Rosso” sempre al centro dello Scalo: appartamenti per funzionari e impiegati e una foresteria. Inoltre, voluto dal senatore Ugo Ciancarelli, amministratore delegato della Società Italiana Zuccheri, l’asilo “Valentina Ciancarelli”, un’opera sociale, in favore delle madri lavoratrici, in memoria della figlia Valentina, morta di parto. Spesa: 230 mila lire. Ciancarelli ne offre in proprio 35 mila, 112 mila sono messe a disposizione dalla società e il resto dalle imprese impegnate nella costruzione dello zuccherificio. È il concetto di “fabbrica totale”, che organizza non solo il lavoro, ma almeno in parte anche la vita quotidiana dei dipendenti fuori dallo stabilimento: abitazioni, dispensa, ritrovo, servizi sociali»[1].

Il 19 agosto del 1936, dopo appena 10 mesi di lavori, Benito Mussolini inaugura lo zuccherificio. Il Giornale Luce del 26/08/1936 (B0946) raccontava: «Giornata di vibrante entusiasmo a Littoria per la visita del Duce, che inaugura una nuova importantissima opera venuta ad arricchire il primo Comune dell’Agro ormai redento. Il grande zuccherificio, sorto in soli 10 mesi nei pressi di Littoria, cui è collegate mediante un ampio raccordo ferroviario. Enormi cumuli di bietole raccolte nei campi vengono accentrate nei vastissimi silos, donde, per mezzo di una corrente d’acqua, vengono convogliati nello stabilimento, dove funziona un complesso e perfettissimo macchinario totalmente costruito in Italia per la produzione dello zucchero»[2].

Un determinato numero di poderi fu destinato alla produzione di barbabietole. Per evitare l’abbandono dei campi, ai contadini e agli assegnatari di poderi è vietato lavorare nello zuccherificio, né da dipendenti fissi, né da stagionali. «La maggior parte delle colture a bietola, il primo anno, si concentra nella zona di Mesa e Borgo Faiti: 939 ettari, con un prodotto di 120.474 quintali, pari a 18 mila 524 di zucchero cristallizzato, cioè non raffinato. Non è molto, ma si tratta di una campagna ancora quasi sperimentale. Nel 1937, secondo anno di attività, già si raddoppia»[3].

Durante la seconda guerra lo stabilimento continua a funzionare, fino allo sbarco di Anzio del 1944, quando gli impianti si fermano per un anno. Già nel 1945 lo zuccherificio torna a produrre e a dare occupazione a un centinaio di dipendenti fissi e circa 500 stagionali. Dal 1955 la Società italiana per l’industria degli zuccheri gestisce direttamente l’impianto (viene sciolta la Saiap, Società Agricolo Industriale Agro Pontino). Nel frattempo in Agro Pontino diventa meno remunerativo destinare terreni alla barbabietola, che quindi inizia a giungere anche da altre zone del Lazio. Nel 1972 lo zuccherificio passa al gruppo Montesi di Padova. Negli anni successivi lo stabilimento viene ampiamente ristrutturato; dopo la chiusura degli stabilimenti di Rieti e di Foligno, il bacino bieticolo dello zuccherificio di Latina si estende ancora, fino a includere province al di fuori del Lazio (Grosseto, Terni e Perugia).

Nel 1984, dopo il fallimento del gruppo Montesi, lo stabilimento chiude, ma a seguito di una grande mobilitazione riapre l’anno successivo e raggiunge nell’anno del cinquantenario della nascita (1986) ancora produzioni notevoli. Nel 1989 lo zuccherificio viene ceduto alla Finanziaria Saccarifera Italo Iberica (SFIR).

All’inizio degli anni Novanta lo stabilimento chiuse. Poco dopo scoppiò la questione ecologica: a pochi passi dal centro abitato di Latina Scalo, l’area dello stabilimento conteneva centinaia di tonnellate di amianto e oli esausti. La stampa denunciò il rischio che stava correndo la popolazione. Nel 1996 il Comune di Latina (sindaco: Ajmone Finestra) ha acquistato dalla SFIR S.p.A. lo stabilimento di Latina Scalo e tutto il sito adiacente con una spese intorno ai 5 miliardi di lire, con l’obiettivo di bonificare e riqualificare la zona e la struttura e poi riconvertirla in Polo logistico integrato. Il progetto è stato realizzato con un finanziamento erogato dall’Unione europea. Furono rimossi e smaltiti oltre 200 tonnellate tra amianto, materiali ferrosi dei vecchi impianti dello zuccherificio e oli esausti. «Nel 2000 – ricorda Finestra – la seconda fase si concluse con la realizzazione della Piattaforma logistica (i lavori erano iniziati nel 1996-97) e venne costituita la SLM S.p.A. con soci il Comune di Latina al 95% e Camera di Commercio, Assindustria, Federlazio e un consorzio di operatori privati con il restante 5%»[4].

Negli anni Duemila la Società Logistica Merci S.p.A. ha accumulato debiti per diversi milioni di euro. Dal 2010 è in liquidazione.


[1] Emilio Drudi, “E le bietole addolcirono le fatiche: lo zuccherificio di Latina Scalo” in AA.VV., Memoria e Industria, Federlazio, Latina 1991, pagg.143-155.

[2] Giornale Luce, Mussolini inaugura a Littoria un grande zuccherificio, B094607, 26/08/1936.

[3] Emilio Drudi, “E le bietole addolcirono le fatiche: lo zuccherificio di Latina Scalo” in AA.VV., Memoria e Industria, Federlazio, Latina 1991, pagg.143-155.

[4] Ajmone Finestra, La mia verità sull’intermodale, 20/06/2010, https://www.latina24ore.it/latina/5866/finestra-la-mia-verita-sullintermodale/

Adriana Vitali Veronese racconta i suoi primi 80 anni all’Ecomuseo dell’Agro Pontino

Io sono una giovane ottantenne. Incominciamo così, perché il prossimo anno compirò 80 anni. Sono nata qui, in questa città. Non risulto nata a Littoria, per il semplice motivo che non c’era l’ospedale e mia madre è dovuta andare a Velletri, perché gravitava tutto su Velletri. Però, nata lì, arrivata qui. Con Velletri nulla a che spartire, perché sono di origine tosco-veneta. Mio padre è venuto diciottenne a Littoria, da Pisa, da Villa Saletta, casa molto bella, Spirito d’avventura. Prende la bicicletta e naturalmente con la disapprovazione dei genitori viene in bicicletta qui, appena bonificato il territorio. Mia madre, veneta, di Treviso, arrivata con il gruppo familiare da Treviso, il primo gruppo di trevisani, perché a mio nonno, ex combattente della grande guerra, nell’opera nazionale combattenti, avevano assegnato un podere. Mio nonno aveva combattuto su vari fronti, conobbe il re, felicissimo “io ho conosciuto il re, mi ha stretto la mano”. Mio nonno radunò la famiglia, piuttosto numerosa, due maschi già sposati, due scapoli, le nuore, mia madre e la sorella. Una famigliola. E vennero giù. Scesero a Cisterna di Roma, perché non c’era ancora la stazione di Littoria. E, come raccontano nelle fantasie (che non sono proprio fantasie), ognuno scese con quel po’ di bagaglio che poteva portare. Mia madre, bella veneta, bella treccia dietro la nuca, capelli lunghi, portava sotto il braccio l’antica sveglia dei bisnonni, che ho ancora a casa funzionante. Ammirazione di tutti gli autoctoni, ancora magari con le pelli ovine sulle cosce e le ciocie ai piedi, le donne con i gonnoni lunghi e il fazzolettone in testa… Mia madre suscitò subito scandalo, scese in tailleur attillato, gonna a ginocchio, mostrava le gambe, fazzolettino di pizzo nel taschino, scarpine con il cinturino, le calze trasparenti, la borsetta in tinta con le scarpe. Suscitò meraviglia e scandalo: “Chi è questa? Come osa?”. I giovanotti incuriositi. Mio padre si innamorò di mia madre. Per farla breve, si conobbero e si sposarono. E sono nata io, nel 1935. E tutta la mia vita io l’ho trascorsa qui, in questo territorio. Ho visto crescere la città, ho visto costruire i palazzi. Mi affacciavo al terrazzo, al quartiere Nicolosi, perché non era che c’era molto in quella zona…

(Adriana Vitali Veronese, Latina, 24 Febbraio 2014)

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