L’attribuzione dei poderi nell’Agro Pontino

I poderi si attribuiscono di otto e dodici ettari nelle zone migliori, secondo il numero delle braccia, cioè dei componenti più adulti e capaci di lavoro; sono da quindici a venticinque ettari nelle zone di terra meno ricca; anche la casa è grande secondo il numero di familiari. L’anno passato alcune famiglie ricorsero, per far numero, a famiglie aggregate od omonime, ciò che andò in qualche caso a discapito dell’armonia familiare, perché qui è legge che mancando alla famiglia il numero di braccia sufficienti, la famiglia decade dai suoi diritti di occupatrice del podere. Tra membri aggregati, è facile che accadano scissioni. In questo la disciplina dell’Agro è di ferro. Da quest’anno le famiglie coloniche devono essere legate, quando si tratta di due o tre famiglie, da parentela stretta. […]

E’ una preoccupazione essenziale di questo movimento che le famiglie siano omogenee, e lo sono. Bastano due generazioni, padre e figlio con la loro donna e i loro figli. A questo scopo si affrettano matrimoni e parentele. In certune di queste famiglie, mancando il numero sufficiente di braccia, il giovane è stato interrogato se avesse l’amorosa, e se volesse sposarla entro le ventiquattr’ore, alla vigilia della partenza; risponde di sì, si chiama la ragazza: “Sei disposta a sposare domattina il tuo ragazzo?”. “Eh, perché no? Se lui vuole”. “Lui vuole, e domattina vi sposerete”. Alla partenza, è già fatto.

[tratto da: Corrado Alvaro, Terra nuova. Prima cronaca dell’Agro Pontino, 1934]

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