Archivi categoria: Ecomuseo dell’Agro Pontino

Conoscere l’Ecomuseo: Circeo e Palmarola

Sabato 5 e domanica 6 settembre, nell’ambito delle attività educative “Conoscere l’Ecomuseo”, un gruppo di circa 20 persone si sono imbarcati presso il porto di San Felice Circeo su due gommoni alla scoperta delle grotte del Circeo e dei tesori dell’isola di Palmarola. L’interpretazione è stata affidata alla prof.ssa Paola Ansuini, che da decenni studia quei luoghi. Oltre ad abituali frequentatori delle iniziative dell’Ecomuseo, erano presenti anche referenti e collaboratori dell’Ecomuseo (Prof. Mauro Iberite, Dott. Ernesto Migliori) e il dirigente della Regione Lazio Diego Mantero, archeologo.

Sabaudia, Museo del Mare e della Costa: visita e presentazione del processo ecomuseale

Sabato 5 settembre presso il Museo del Mare e della Costa di Sabaudia si sono ritrovati diversi protagonisti del processo ecomuseale in Agro Pontino. Da Enrico Forte, consigliere regionale promotore della legge sugli Ecomusei nel 2013, ai dirigenti regionali (Diego Mantero), ai coordinatori, referenti scientifici e responsabili dell’Ecomuseo (Mauro Iberite, Ernesto Migliori, Antonio Saccoccio, Angelo Valerio), a diversi esponenti delle comunità (Giuseppe Lattanzi, Roberto Vallecoccia) e delle associazioni pontine (Onda, Pangea, Memoria Storica di Sezze, Libera Università della Terra e dei Popoli etc.). Dopo una visita al Museo del Mare e della Costa, sede del Centro di Interpretazione locale dell’Ecomuseo, condotta da Paola Ansuini e Giulia Sirgiovanni nel pieno rispetto delle norme anti-covid, si è discusso in particolare del processo di sviluppo locale che è al centro delle azioni ecomuseali. La visione più ricca di prospettive future resta quella del “Paesaggio delle acque e della bonifica”, da anni individuata come chiave di lettura del territorio. Su questo si è registrato ampio consenso da parte degli intervenuti e ci si è dati appuntamento al prossimo incontro programmatico, previsto per il 25 ottobre a Pontinia.

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L’Ecomuseo dell’Agro Pontino e il paesaggio delle acque: dal Circeo a Palmarola

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Il paesaggio preistorico delle acque: Sabaudia, Museo del Mare e della Costa

Dove nasce Via Epitaffio

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Percorrendo la via Appia, all’altezza dell’incrocio con la via che conduce da Latina a Latina Scalo, si nota un’edicola di marmo sormontata da un timpano triangolare (per metà distrutto). Sulla lastra di marmo è riportata un’iscrizione in cui si legge il nome del papa Pio VI, la data MDCCLXXXVI (1786), il nome del “prefetto delle strade” Francesco Mantica e si fa riferimento ad alcuni lavori di bonifica dell’area. Questo è il testo completo dell’iscrizione:

EX AVCTORITATE PII VI PONT. MAX. APPIAE TRACTVS AD PISSINARIAM QVEM AQUAE STAGNANTES INTERRVPERANT PONTIBVS IVNCTVS AGGERIBVS MVNITVS ANNO MDCCLXXXVI CVRATORE FRANCISCO MANTICA PRAEF. VIAR.

All’incrocio andando verso Latina la strada prende il nome, proprio a causa dell’iscrizione ricordata, di Via Epitaffio, che giunge fino a Corso Giacomo Matteotti; procedendo verso Latina Scalo abbiamo invece Via della Stazione.

Giungemmo all’Epitaffio. E’ una piccola opera muraria sul margine della strada su cui è applicata una lapide che ricorda la bonifica di Pio VI. Poco avanti a noi i grossi caseggiati di Tor Tre Ponti a tinta molto viva per la recente pioggia. Subito dopo l’Epitaffio, il bivio per il Quadrato. A destra riserve verdeggianti con molto bestiame allo stato brado, in mezzo a cui si agitavano pavoncelle, storni, pivieri e taccole; a sinistra un folto pioppeto e, al di là, capi acquitrinosi. (Vincenzo Rossetti, “Dalle paludi a Littoria. Diario di un medico. 1926-1936″)

Lago Muti: sopralluogo e recupero

Giovedì 18 giugno 2020 è stato effettuato un sopralluogo al lago Muti (Sezze). Erano presenti Giorgio Stagnaro (Direttore operativo di Acqualatina), Antonio Di Prospero (Vicesindaco del Comune di Sezze), Giancarlo Siddera (Assessore al patrimonio, all’ambiente e alle attività produttive del Comune di Sezze), Diego Mantero (Dirigente presso la Direzione regionale Capitale naturale, Parchi e Aree Protette della Regione Lazio), Roberto Vallecoccia (Presidente dell’Associazione Memoria Storica di Sezze), Antonio Saccoccio (Coordinatore tecnico scientifico dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino), Antonio Pisterzi (Responsabile Rapporti con la Pubblica Amministrazione di Acqualatina), Roberto Petrocelli (Acqualatina). Obiettivo dell’incontro: mettere in campo le strategie migliori per recuperare, gestire e valorizzare il sito.

Dal 2011 l’Associazione Memoria Storica di Sezze inizia a collaborare con il vecchio direttore di Acqualatina Andrea Lanuzza e l’amministrazione Campoli per portare all’antico splendore l’area. Dal 2019 il progetto di valorizzazione è sostenuto anche dall’Ecomuseo dell’Agro Pontino, che, avendo tra i propri principali obiettivi lo sviluppo locale autosostenibile, guarda con grande attenzione al recupero di una zona di grande rilievo storico, naturalistico ed energetico. Da qualche mese, grazie all’interessamento della Regione Lazio, e in particolare di Ernesto Migliori (Responsabile settore Tutela e Valorizzazione dei paesaggi naturali e della geodiversità per la Regione Lazio e per l’Ecomuseo dell’Agro Pontino), del dirigente Diego Mantero, dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino e dell’Ass. Memoria Storica di Sezze, si è avviato l’iter per inserire la zona umida tra i Monumenti Naturali del Lazio.

Il lago Muti prende il nome, come il vicino lago Pani, dai suoi vecchi proprietari e si può osservare in una curva del tratto dismesso della strada regionale 156.

Il sopralluogo inizia aprendo faticosamente un varco tra arbusti, rovi e canne, a testimonianza dell’attuale stato di abbandono del sito. Si intravede il lago Muti parzialmente coperto da ninfee; giunti all’impianto, ci accoglie un grosso cervone (pasturavacche) che si sta insinuando lentamente sotto un ponticello di legno, a pochi centimetri dall’acqua. Si entra nell’impianto guidati da Roberto Petrocelli. Si notano subito le ampie vasche di carico e più in basso le turbine del vecchio impianto idroelettrico, non più in funzione.

Le due macine furono in funzione fino al 1911, anno in cui il nuovo progetto della Società Elettrica Laziale fu affidato a Raffaele Lenner, progetto che a causa della guerra venne portato a termine solo nel 1922. Quindi Sezze nel 1922 aveva a disposizione 40Kw elettrici più acqua fornita dalle pompe a pistoni. L’impianto per la produzione di energia elettrica fu impiegato per l’illuminazione di molti edifici della città di Sezze prima di essere abbandonato (anni Settanta).

Si prosegue la visita degli altri locali interni, tutto sommato in buone condizioni, in cui si trovano anche alcuni arredi mai utilizzati. Questi locali e gli arredi saranno utili in futuro per le attività di ricerca ed educative, che si intende avviare una volta recuperato il sito.

Tornati all’aperto, Roberto Vallecoccia fornisce informazioni sulla zona umida circostante, che comprende anche il più esteso lago Pani e presenta un notevole interesse naturalistico dal punto di vista botanico (ninfee, calle, luppolo etc.) e avifaunistico (gruccione, martin pescatore, airone reale e airone cenerino, biancone).

In seguito è iniziato il confronto tra i partecipanti sui prossimi passi da intraprendere per il recupero dell’area. L’amministrazione comunale, la Regione Lazio e Acqualatina sono intenzionati a recuperare l’area esterna e i locali interni. Dello stesso avviso sono l’Ass. Memoria Storica e l’Ecomuseo. Il Comune di Sezze si è impegnato a rendere agibile la zona esterna per poi consegnarla in gestione all’Ass. Memoria Storica di Sezze. La Regione Lazio, nelle persone di Ernesto Migliori e Diego Mantero, proseguirà lo studio avviato per inserire la zona umida tra i Monumenti Naturali del Lazio. Si avvicina il momento in cui l’area dei laghi Muti e Pani tornerà all’antico splendore.

Antonio Saccoccio

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“Norba, la Roccaforte nel Pontino” (suite per banda di Matteo Di Prospero)

Norma, paese dei Lepini, anfiteatro naturale affacciato sulla pianura Pontina, è parte del progetto  Ecomuseo dell’Agro Pontino e del suo Centro di Documentazione Storico Locale ubicato presso la Biblioteca Civica “ Avv. Angelo Tomassini”.

Giuseppe Cerina, giornalista del Tempo, la descriveva così: “Comune che segna il limite delle aspirazioni  tra la pianura e la montagna, dove si vanno affermando le nuove leve dei vari capitani di una industria turistica alla portata di tutti”.

Norma e il Parco Archeologico dell’Antica Norba restituiscono oggi il fermo immagine della città  repubblicana del I secolo a. C. La sua roccaforte a nido d’ aquila, esempio maestoso di mura poligonali tra le più belle del Lazio, fu distrutta nella guerra civile tra Mario e Silla nell’81 a.C.  La dodicesima colonia romana di diritto latino è stata riportata alla luce per volere delle diverse amministrazioni succedutesi nel tempo e grazie allo studio e al lavoro di scavo della Professoressa Stefania Quilici Gigli e della sua squadra di archeologi guidati dalla Dottoressa Stefania Ferrante.  Norba è così riemersa dalle ceneri del tempo per raccontare con le sue guide la vita, i costumi, le domus luoghi della quotidianità e quelli della vita pubblica, i templi, il foro, le terme, le scenografiche architetture sintesi del genio civile e militare, tratto distintivo di Roma, l’orgoglio di essere Civitas (CI – VIS, quando i confini, il territorio, la tua cultura e la tua città difesi, giacciono in quiete, QUI – ES).

Ed è proprio in questo territorio dove la terra è specchio del cielo, paradigma della vita a misura d’uomo regolata da solstizi ed equinozi, orologi stellari, che nasce la giovane promessa nella musica Matteo Di Prospero, compositore della suite per banda “Norba, la Roccaforte nel Pontino”, grazie alla quale fa rivivere l’incedere delle legioni, il passo cadenzato dei soldati, i suoni profondi della  furia della battaglia, il divampare dell’incendio, la solennità della fine di questa città. Sulle note di questa composizione vi lasciamo in una passeggiata virtuale… Norba Città del Sole vi aspetta.

Elisabetta Zaralli

 

 

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Matteo Di Prospero nasce a Latina il 29 aprile 2001. Frequenta il Liceo Classico “Dante Alighieri” di Latina. Studia nella classe di strumenti a percussione del Maestro Carlo Di Blasi presso il Conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone, pianoforte e composizione con il Maestro Giovanni Monti. Segue corsi di direzione per orchestra di fiati con il Maestro Fulvio Creux e ha frequentato il corso di musica liturgica con il Maestro Marco Di Lenola. Ha al suo attivo una serie di concerti ed esibizioni in veste di strumentista e direttore.

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Sonnino: inaugurazione del Centro di Interpretazione locale

Sabato 29 febbraio l’Ecomuseo dell’Agro Pontino ha inaugurato il Centro di Interpretazione locale di Sonnino presso il Museo Terre di Confine.
Il pomeriggio è iniziato con una visita del centro storico di Sonnino a cura di Maurizia De Angelis, referente locale dell’Ecomuseo. Partiti da Piazza Garibaldi, i visitatori hanno varcato la Portella, una delle cinque porte del centro, e hanno attraversato la zona denominata Isola Castello sostando presso la Chiesa di San Michele Arcangelo, in stile gotico-cistercense. Si è poi percorso l’antica Via di Mezzo, giungendo alla porta di San Giovanni; quindi, scendendo per vicolo Doralice, si è passati in via Giacomo Antonelli, la seconda arteria principale del centro storico,  in direzione Porta Riore, per giungere infine al Museo Terre Confine.

Alle 16 Massimo Porcelli ha presentato con il suo volume “Mia indimenticabile Consorte… La Grande Guerra dei Bassianesi”, in cui sono raccontate le vicende di Antonio Porcelli, partito per il fronte durante la Prima Guerra Mondiale insieme a tre fratelli.

In seguito ha preso la parola Giuseppe Lattanzi, responsabile scientifico del centro di interpretazione locale di Sonnino, che ha tenuto una conferenza dal titolo “I Terminalia: la festa dei confini dai romani ai sonninesi”,  accompagnata da importanti testimonianze documentarie e fotografiche.

È quindi intervenuto l’assessore Gianni Celani, che ha portato i saluti del sindaco Luciano De Angelis e ha consegnato agli ospiti presenti significative torce sonninesi.

L’ultima parte della giornata è stata dedicata al processo ecomuseale. Il promotore dell’Ecomuseo Angelo Valerio e il coordinatore tecnico-scientifico Antonio Saccoccio hanno spiegato in cosa consiste l’idea di sviluppo comunitario portata avanti da ormai 15 anni in Agro Pontino. Sonnino è un’antenna importante per l’Ecomuseo, perché funge da punto di riferimento per tutto il versante degli Ausoni.

Si è parlato anche dell’inventario partecipato, avviato nel Comune grazie alla partecipazione attiva e attenta di molti cittadini e al prezioso coordinamento della referente locale dell’Ecomuseo Maurizia De Angelis. Si è approfittato del pubblico presente in sala per distribuire nuovamente il questionario elaborato dall’Ecomuseo. Sono quindi intervenuti Francesco Tetro, storico dell’arte e autore di molti studi sull’Agro Pontino, e Giulia Sirgiovanni, direttore scientifico dell’antenna ecomuseale di Sabaudia.

La giornata si è chiusa con una cena a base di prodotti locali (zuppa di fagioli, pane e olio), momento in cui la comunità sonninese ha dimostrato di conservare un sincero spirito conviviale.  Vini ancora una volta gentilmente offerti dall’azienda Casale del Giglio.

L’evento si è svolto prima del diffondersi al centro-sud del contagio del Covid-19 e prima che venissero presi provvedimenti restrittivi da parte del Governo.

Fotografie di Candido Paglia

I cippi confinari di Sonnino (di Giuseppe Lattanzi)

L’antica festa pagana dei Terminalia celebrava  i confini resi sacri da una cerimonia in onore del dio Terminus. In questo contesto la posa di un cippo di confine detto termine prevedeva il sacrificio di fondazione: la linea confinaria  sarebbe durata solo dopo aver sgozzato e bruciato un animale sacrificale assieme ad offerte di incenso, frutta, miele e vino.  La festa di Zeus TERMINUS  si celebrava  il 23 febbraio ultimo mese del calendario romano.

Il tema del confine, che caratterizza l’antenna sonninese dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino, valorizza una vocazione del territorio, in vario modo percepita e rappresentata nella vita sociale contemporanea.

La storia sonninese ha continuamente avuto a che fare con questioni riguardanti i confini. Sonnino era la “Frontiera” celebrata nelle cronache e nell’iconografia europea per l’indole ribelle dei suoi abitanti, briganti di fama, impegnati in contese e conflitti territoriali con le comunità limitrofe. Per questo motivo il paese è entrato nell’immaginario dei viaggiatori del “Grand Tour” e ancora oggi vanta, tra le sue principali manifestazioni, una processione che in occasione dell’Ascensione percorre a lume di torcia i confini del comune.

Per molti secoli i confini comunali sono stati quelli dello Stato della Chiesa.

Il 20 giugno 1838 sotto il regno di Ferdinando II (1810-1859) e il pontificato di Gregorio XVI (1765-1846), iniziarono ufficialmente le trattative per dare un confine stabile e condiviso ai due stati.

Il 26 settembre 1840 venne firmata la convenzione di confine che poneva termine a più di due secoli di contenziosi territoriali tra lo Stato Pontificio ed il Regno delle Due Sicilie. Il confine, lungo circa 500 Km, non era mai stato ben definito. «…La incertezza in cui trovasi per vicende di tempi in molti punti la linea di confine, che segna lo Stato pontificio dal Regno delle Due Sicilie […] che rimonta a tempi lontani, ha gravemente turbato, al pari che turba tuttavia la pace e la tranquillità delle popolazioni limitrofe, causa sempre rinascente di contese e misfatti» .

I confini naturali non erano sempre presenti per cui si resero necessari segnali artificiali come «…piccolle piramidi, o obelischi, o colonne di proporzionata consistenza».

L’articolo 3 della convenzione esprimeva i principi a cui si doveva sottostare per costruire una adeguata linea di confine. L’utilizzo di massi o colonnine per demarcare una linea di divisione risale ai tempi più antichi. I Romani con il dio Termine, ereditato dagli Etruschi, diedero il nome a quello che oggi comunemente si definisce come cippo di confine.

Per identificare i due stati dalla parte pontificia furono incise le chiavi decussate (incrociate) di San Pietro con sotto l’anno, mentre dalla parte borbonica si  incise il giglio con il numero progressivo dal mar Tirreno al mar Adriatico.

La forma dei TERMINI doveva essere cilindrica nella parte esposta con un lieve cappelletto sferico o conico in testa sul quale dovevano incidersi le linee direttrici. La parte esposta era lavorata a buccia d’arancia e doveva essere alta 1,10 m. con un diametro di 40 centimetri. La base doveva avere la forma di un parallelepipedo di circa 40 cm. Le colonnette di dimensioni maggiori  non dovevano misurare più di 1,80 m. Il peso variava dai 7 ai 12 q.

Dei 686 Termini messi in opera quelli dal n. 1 al 17 riguardarono la zona di Terracina. Furono posizionati dal 9 novembre 1846 al 17 novembre 1846. Nella zona di Sonnino furono posizionati quelli  dal n. 18 al 47. Gli scalpellini, che avevano anche l’obbligo del trasporto, operarono dal 18 novembre  al 14 dicembre 1846.

Sotto ogni colonnina in una scatola di legno venne posta una medaglia di ghisa detta “testimone”. Su di essa sono riportati gli stemmi di Ferdinando II Re delle Due Sicilie, di Papa Gregorio XVI  e di Papa Pio IX  .

L’operazione di demarcazione dell’intero confine , dal Mar  Tirreno a quello Adriatico, durò dal 9 novembre 1846 al 18 settembre 1847.

Giuseppe Lattanzi

(responsabile scientifico del Centro di Interpretazione locale dell’Ecomuseo dell’Agro Pontino “Museo Terre di Confine” di Sonnino)

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Termine n. 22 (Pero Ciavolone 1)

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Termine n. 32 (Località Fossa del Tavanese)

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Termine n. 1 (Foce del fiume Canneto, Terracina)

Fotografie tratte da: Giuseppe Albrizio, Le mie passeggiate
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Terminalia, festa dei confini. Inaugurazione del Centro di Interpretazione di Sonnino

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